1939 – Le Jour se lève

Le livre italien Alba tragica (1945)



LE JOUR SE LÈVE (1939)

Alba tragica (italian book – 1945)


Magnifique livre paru en mai 1945 au lendemain de la Seconde Guerre mondiale, Alba tragica, le titre italien du Jour se lève, regroupe de beaux photogrammes tirés du film avec quelques phrases en italien résumant l’histoire. Alba tragica est le numéro 3 de la série des Cineteca Domus in volumi édités par les Éditions Domus qui avaient publié précédemment des livres sur La Kermesse héroïque de Jacques Feyder ainsi que sur La Passion selon Jeanne d’Arc de Carl T. Dreyer. Ce livre est bien évidemment épuisé et très rare.

Vous pouvez lire la préface rédigée en italien par Glauco Viazzi en cliquant ici.

Potete leggere la prefazione di Glauco Viazzi cliccando qui. Nel frattempo, ecco alcune fotografie estratte del libro.





























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PREFAZIONE

( Tutte le mie scuse per i nostri lettori italiani se alcuni errori di ritrascrizioni esistono nonostante i nostri sforzi – Philippe Morisson).

A Cura di Glauco Viazzi

Dopo lo sgretolamento del clima avanguardista che, acceso e incorrotto, gli aveva permesso la realizzazione di opere rivolte ad un’affermazione intransigente di cinema puro, il cinema francese si spostò su un piano espressivo del quale entravano a far parte fattori molteplici e d’indole diversa : d’un canto l’influenza — sottile, eppur qualitativamente avvertibile — del kammerspiel germanico ; dall’altro, una suggestione esercitata da modelli letterari, da un clima letterario ben determinato — risultante in parte da una accettazione, e in parte da una negazione ; e poi l’apporto normalizzato delle esperienze d’avanguardia ; e una maturità tecnica considerevole. Il periodo verista del cinema francese muove tutto sotto queste insegne : Alba tragica, che Marcel Carné diresse nel 1939, è uno dei risultati più significativi di tale orientamento : porta, fusi in unità, i segni palesi di questo lungo lavoro di ricerca, di affiatamento e coordinazione ; la coerenza espressiva che lo sorregge lungo tutto la sua durata supera l’origine latente degli elementi che ne costituiscono la base.

Ora, se si pensa che lo sceneggiatore del film, Jacques Prévert, fece parte, dal 1926 al 1929, del movimento surrealista — per poi staccarsene, più o meno per le ragioni per cui se ne distaccò Aragon ; che il soggettista Jacques Viot, dopo aver seguito analoghi interessi, giunse a riconoscere che « Il y a la révolution comme il y a l’âme. Il y a la révolution à la place de l’âme » ; che lo scenografo Alexander Trauner si riallaccia, per tramite di Meerson, alla scuola germanica di Hermann Warm ; che il tono stesso del film va qualificato corne populista (una linea espressiva parallela a quella che è, in letteratura, peculiare a Dabit, a Francis Carco, a certo Troyat ; fino al Simenon di « Chemin sans Issue ») ; si vedrà come Alba tragica rappresenti una fusione delle diverse tendenze che agirono in seno al cinema francese ; quanto valga, nella storia di tale cinema, come valore concreto. La personalità stessa del regista poi, si prestava ben favorevolmente a saldare incroci di tal genere : Marcel Carné, pur esprimendo una serie di predilezioni costanti, ha un temperamento che di frequente oscilla tra i poli opposti del drammatico e del grottesco, tra un impegno creativo diretto, irreversibile, e un gioco compiaciuto, rifiesso in una regione di accesa fantasia ironica. Egli ha collaborato, in qualità di aiuto-regista, con Jacques Feyder — questi è appunto regista ora volto a toni drammatici, ora a toni ironici e grotteschi —, e di tale collaborazione ha sempre portato le traccie : da Jenny, suo primo film — dopo l’esperienza documentaria di Nogent, eldorado du dimanche —, ove il carattere dell’opera era indubbiamente legato a quello di Pension Mimosas di Feyder (e in entrambi i film agiva Françoise Rosay, che è, nella vita civile, madame Jacques Feyder), a Drôle de drame, a Hôtel du Nord ; fors’anche in Les Visiteurs du soir, favola medioevale ironica e drammatica nel contempo. Per cui si vede il posto tenuto, nell’opera complessiva di Carné, da Alba tragica : una condizione di raggiunto isolamento, in cui le infiuenze non giocano più ; di eliminazione delle minime scorie estranee.

Alba tragica infatti — e in ciò il film si differenzia notevolmente dagli altri del regista ; eccetto torse Le Quai des Brumes, sul quale però non abbiamo elementi di giudizio sufficienti, dato che l’edizione italiana era, rispetto all’originale, impietosamente mutilata — è film tutto unitario : un blocco solo, tenuto su una linea di continuità esemplare, nel quale non solo non si presentano elementi in opposizione sostanziale tra di loro, ma neppur divergenti negli aspetti immediati. Tutto vi contribuisce a creare un clima di umanità essenziale, indifesa (un cattolico la definirebbe sub-morale) e, alla fine, vinta da un implacabile determinismo : dal soggetto al linguaggio visivo usato, dalla musica all’interpretazione, dalla scenografia alla fotografia.

Il soggetto, semplicissimo, narra corne una sera un ope­raio abbia ucciso un uomo, si sia rifiutato di consegnarsi alla polizia, e sia rimasto assediato tutta la notte nella sua cameretta d’ultimo piano, in quelle ore rivivendo la vicenda che lo aveva condotto al delitto, e all’alba suicidandosi, vinto non dal timore dell’inevitabile pena, ma dal peso dei ricordi di un’esperienza amorosa miseramente fallita ; ed è, tale soggetto, espresso con un linguaggio filmico sorretto in ogni sua parte da una precisa funzionalità visivo-sonora (per esempio, ognuna delle rievocazioni, attraverso le quali Francesco assediato rivive i fatti che lo condussero ad uccidere Valentino, parte da elementi visivi suscitatori effettivi — per contrasto — di passato : l’uomo guarda la piazza affollata, e si ricorda di quando, nelle prime ore del mattino, egli traversava la medesima piazza deserta ; il suo sguardo si ferma su un armadio posto contro una porta a barricarla, ed egli si ricorda di quando l’armadio era al posto consueto, e la porta libera, egli ne usciva per recarsi da Clara ; eccetera), che una fotografia ora livida ora morbida sottolinea e convalida. La musica di Jaubert, lineare, monocorde, quasi sotterranea quando l’uomo è solo, di notte, nella propria camera (un motivo di tamburo in sordina, insistente ; e poi il tema centrale, che consta di alcune variazioni su pochissime note — di flauto), è invece variata, realista, ricca di umori provinciali in tutte le altre occasioni : contribuisce all’unità tonale del film, adeguandosi ad ogni suo momento narrativo; cosi tome vi contribuiscono la scenografia e l’interpretazione : la prima che, con pochi elementi e una maestria tecnica notevole — crea una piazzetta di periferia operaia parigina dotata di un inconfondibile sapore, con quella casa isolata che quasi simboleggia il destino dell’uomo solitario che vi è assediato ; la seconda, che non allinea più degli interpreti, ma dei personaggi creatori, delle individualità umane definite in ogni loro gesto, in ogni sfumatura del loro atteggiamento recitativo (ed è qui la prova maggiore di Jules Berry : questo Valentino ipocrita, mentitore, calcolatore, un poco sadico, che non è null’altro che un essere umano privo di qualsiasi so­vrastruttura morale, sincerissimo e ansioso e sofferente e crudele in ogni manifestazione della propria vita, senza scampo nè pietà).

E’ un film, Alba tragica, che alimenta quel clima di lacerata umanità, di desolato isolamento, di irremediabile dramma che caratterizzò, nell’immediato anteguerra, la vita spirituale di certa parte della piccola borghesia e del proletariato francese : perchè alla fine Alba Tragica è un’opera d’indole borghese, anche se non vi mancano notazioni sociali, quasi classiste (la polizia della Repubblica democratica francese non vi è certo posta in buona luce ; per catturare Francesco essa deve ricorrere alla Guardia Nazionale : e quello spropositato spiegamento di forze è grottesco, ha caratteri di satira, forse Carné non ci crede neppure, ma lo ha certo ideato Prévert, temperamento rivoluzionario e sovversivo).

Dramma di pochi umani, il film conduce, con una forza legata e tesa, a questa conclusione : gli uomini sono soli sulla terra, non possono comunicare tra di loro. Per poter vivere, essi devono contare solo su sè stessi. A questo punto, l’umanità si nutre di una stasi perenne, apparentemente armonica, ma in realtà sfibrata : basta poco, una parola, un’insinuazione, e allora irrompe il dramma ; e il dramma conduce, senz’alcuna possibilità di salvezza, alla morte.

GLAUCO VIAZZI

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